L'Ue importa 58,3% di energia, in Italia cala dipendenza
Sesto rapporto Srm-Intesa e Politecnico di Torino
L'Europa è, tra le grandi economie, l'area con il maggior grado di dipendenza energetica: il 58,3% del fabbisogno energetico dipende dalle importazioni mentre il dato scende al 20% per la Cina ed è pari a zero per gli Stati Uniti, che sono totalmente autosufficienti nella produzione rispetto al fabbisogno energetico. E' quanto emerge dalla sesta edizione dell'analisi Med & Italian Energy Report, realizzato con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo e frutto della sinergia scientifica tra Srm, centro studi collegato al gruppo Intesa Sanpaolo, e l'ESL@energycenter Lab del Politecnico di Torino, e della collaborazione con la Fondazione Matching Energies. Guardando specificatamente alla produzione di energia elettrica, è in corso da oltre un ventennio un'importante modifica del mix europeo di generazione. L'uso del carbone è diminuito drasticamente dal 32% del 2000 a circa il 12%, mentre è leggermente aumentata la quota del gas naturale dal 12% al 17%. Dominano oggi le energie rinnovabili, passate dal 15% nel 2000 al 45%. Ci si aspetta un ritmo di espansione dell'elettricità da rinnovabili più che doppio entro il 2030. All'interno del panorama europeo l'Italia è il Paese con il maggior grado di dipendenza energetica pari al 74,8% ben sopra la media europea. Questo valore è però in calo di quasi tre punti percentuali rispetto al dato del 2019 ante Covid quando la dipendenza era pari al 77,5%. Con la presidenza americana di Donald Trump, aumenterà la spinta a vendere più petrolio e gas degli Usa all'Europa, che già nel corso degli ultimi anni ha aumentato le importazioni di Gnl dagli Stati Uniti. Se nel 2021 pesavano per il 27%, la quota è cresciuta al 41% l'anno successivo, arrivando al 48% sul totale del Gnl importato dall'Europa nei primi mesi del 2024.
H.Bastin--RTC